domenica 4 febbraio 2007

Delle cinque fasi che si dice segnino un dolore, (rifiuto, rabbia, senso di colpa, depressione, accettazione) io penso di essere ormai nella fase depressiva, ma è anche vero che sono arrabbiata, anzi no, furiosa come una iena e in parte quasi rassegnata. Quindi questo può significare che:
a) le cinque fasi in realtà non esistono da nessuna parte
b) in un unico momento sto attraversando, in maniera del tutto anomala, tre fasi, e sono quindi destinata a vivere queste sottospecie di gironi danteschi in un unico, poco allegro, mix.
c) dopo aver già attraversato le cinque fasi, mi trovo, dopo essermi rinfrescata la memoria in maniera del tutto recriminabile, a attraversarle tutte e cinque di nuovo dall'inizio.

Io non sono mai stata investita, ma penso che se le mie viscere dovessero sopravvivere al passaggio di un tir si sentirebbero più o meno così. E penso anche che qualsiasi cosa abbia voglia di fare non mi gioverebbe, perchè io vorrei iniziare a correre e poi fermarmi e fare le flessioni e sollevare pesi e continuare a correre e poi di nuovo a far flessioni e sollevare pesi, così, io penso, se diventassi forte la gente avrebbe paura di me e non mi tratterebbe più così. Oppure potrei spalmarmi sul divano e fare 24 ore di zapping sui 900 canali di Sky e svuotarmi la mente di tutto e riempirla di nuovo con fotogrammi e spezzoni di dialoghi (non miei, almeno, non miei), oppure potrei sdraiarmi sul pavimento, o magari sulla terra, e stare a guardare in alto sino a che mi vengano le vertigini.
Ma nessuna di queste cose mi farebbe bene, perchè interromperebbero la mia quotidianità, e io ho già permesso troppe volte questo. Adesso basta. Io ritorno definitivamente alla mia vita, alle lezioni di danza e allo studio, alla determinazione senza dubbi e senza mezzi termini, senza se e senza ma, senza più perdite di tempo.

E poi c'è quella parola che mi è rotolata nella bocca senza il mio consenso, che è assenza. Questa parola è del tutto sbagliata! Assenza viene dal latino absentes, participio presente di absum, letteralmente "mancare", "essere lontano da". A me non basta. Non è sufficiente mancare o essere lontano da. Io voglio una parola che neghi l'esistenza. Che non sia morte, però, chè non passa giorno senza che io pensi a chi non c'è più con quell'aura di affetto che spesso la morte impartisce. Io non voglio nè un costante ricordo nè affetto, non voglio la parola morte perchè significherebbe che prima questa persona era in vita. Io voglio una parola che indichi la totale sublimazione di un ricordo, che stia a significare che ora questa persona diventi meno degna di nota della carta da parati, perchè io quella lì resto a guardarla. Io voglio una parola che indichi che da adesso lui è invisibile e io algida come la regina delle nevi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

non farò l'errore di donarmi all'amore.
perchè l'ho fatto e ho pagato quel pò.

rop